Rosa Bianca ha sostenuto l’introduzione a Modena dello IESA (Inserimento Eterofamiliare Supportato di Adulti con disagio psichico) che realizza l’accoglienza di una persona con disagio psichico, che vive sola o in comunità, in una famiglia diversa da quella naturale, per condividerne la vita, gli affetti, le consuetudini e le relazioni.
La storia del metodo IESA risale alla tradizione di Geel, una piccola cittadina belga nelle Fiandre, dove si pratica l’ospitalità in famiglia di persone con disagio psichico fin dal VII secolo d. C. Questa tradizione ha profondamente influenzato lo stile di vita degli abitanti di Geel, tanto da indurre una consuetudine familiare e comunitaria all’accoglienza. Sull’esempio di Geel, sono sorte in Europa altre esperienze di inserimento familiare. In Italia si è incominciato a parlare di “Patronato Eterofamiliare per la cura degli alienati” dalla metà del diciannovesimo secolo. Il Patronato Eterofamiliare è stato realizzato negli anni compresi tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo in alcuni luoghi di cura, come il manicomio di Reggio Emilia. Attualmente in Italia la pratica dell’inserimento eterofamiliare si è affermata in poche esperienze disseminate in alcune regioni.
La specificità del modello modenese di IESA è quella di essere nato e praticato nella collaborazione tra un’associazione di volontariato, Rosa Bianca, il Dipartimento di Salute Mentale ed i Servizi Sociali del Comune. Si tratta di un progetto che ha le caratteristiche del coro a più voci: la persona con disagio psichico, il sistema dei Servizi che se ne occupa, la famiglia che accoglie con la sua rete di relazioni e Rosa Bianca che si è proposta come intermediaria fra istituzioni, famiglia e paziente.